lunedì 4 novembre 2013

Sogno di una notte di mezza estate

Queste son fantasie d'una mente gelosa!
Fin dall'inizio di questa piena estate, mai ci adunammo su colli e vallette, nelle foreste e sugli ameni prati, presso fonti ghiaiose o rivuli giuncosi o bianca costa marina, a danzare in cerchio al fischiettìo del vento, che non giungessi tu, coi tuoi schiamazzi, a disturbare i nostri svaghi.
E i venti, stanchi di zufolare invan per noi, per vendetta succhiarono dal mare mefitici vapori, che rovesciandosi poi sopra la terra han gonfiato ogni modesto rivo di cotanto orgoglio da romper gli argini ed inondare i campi.
Così che il bove tira il giogo invano, il contadino spreca il suo sudore, e il verde germoglio del granturco marcisce prima che alla sua gioventù cresca la barba.
Gli ovili ora son vuoti nei campi melmosi, i corvi s'ingrassan con le carogne degli armenti, lo spiazzo dei nostri giochi è pien di fango, e gli ingegnosi tracciati, ora in disuso, son cancellati dall'erbe rigogliose. Ai miseri mortali son negate le gioie dell'inverno, e mancano, ad allietar le notti, inni e carole.
Onde la luna, che governa i flutti, pallente d'ira tutta l'aria inzuppa, e di reumi s'ammalano le genti.
E per tali intemperie son le quattro stagioni sovvertite, i canuti geli calan nel giovane grembo della rosa cremisi, e sulla gelida zucca spelacchiata del vegliardo Inverno posa - come per scherno - un olezzante serto di soavi bocci estivi.
La primavera, l'estate ed il fecondo autunno, e l'iracondo inverno, si sono scambiate le livree; e il mondo sbalordito non più dai lor prodotti distingue le stagioni. E questa progenie di malanni nasce dal nostro conflitto, dal nostro dissenso. Noi l'abbiamo generata, ne siamo noi la causa..